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POLITICHE DI PREZZO PER L’ACQUA IN AGRICOLTURA: QUANTIFICAZIONE DEI VOLUMI PER L’APPLICAZIONE DELLA TARIFFA VOLUMETRICA

Pubblicato il 07/08/2023

A. Battilani1, M. Ruberto2, S. Baralla2, R. Zucaro2, C. Truglia1, M. Gargano1
1ANBI, 2CREA-Centro di ricerca Politiche e bioeconomia

Il tema del prezzo da applicare all'acqua utilizzata a fini irrigui è dibattuto da lungo tempo. Trova le sue origini nel periodo immediatamente successivo alle grandi infrastrutturazioni della fine degli '50 e '60 del secolo scorso. Già durante gli anni '70, l'animato dibattito all'interno della Banca Mondiale verteva su tre questioni: se, a chi, ed in quale misura addebitare in toto od in parte i costi operativi e di capitale sopportati dalla collettività per l'infrastrutturazione delle reti irrigue[1]. Dagli anni '90 ai costi operativi e di capitale si sono aggiunti i costi ambientali, ed una forte spinta ad agire sul lato della domanda[2],[3]. Una posizione che ha trovato una ricaduta concreta nella Direttiva Quadro Acque[4] (DQA) e successivamente nell'integrazione delle politiche ambientali all'interno della Politica Agricola Comune (PAC), che di fatto ne finanzia da tempo l'implementazione nel contesto del settore primario attraverso la diversione di fondi prima destinati senza condizioni aggiuntive allo sviluppo agricolo.

A partire dalle prime crisi climatiche di questo secolo, si è fatto strada il convincimento che per raggiungere il buono stato delle acque in Europa, come richiesto dalla DQA, e per preservare e reintegrare la biodiversità e gli ecosistemici acquatici, sia indispensabile agire pesantemente sul comparto agricolo, inducendo il settore a significativi risparmi di quella risorsa idrica che si ritiene sprechi ed inquini irresponsabilmente. In particolare gli ambientalisti hanno riposto speranze nella tariffazione dell'acqua come mezzo per ridurre l'estrazione umana e migliorare la salute dell'ecosistema[5].

Con la pubblicazione del Blueprint per l'Europa e delle relazioni dell'Agenzia Europea per l'Ambiente (EEA), a partire dal 2013, le voci in favore dell'introduzione di una tariffa per l'utilizzo dell'acqua a fini irrigue si sono moltiplicate, così come le analisi di casi studio di dimensione e natura assai variata che dimostrano come in un sistema di mercato inelastico, incapace di riflettere i costi di produzione sul prezzo di mercato, gli utilizzi di un fattore della produzione primario diminuiscano col crescere del suo prezzo.

Le analisi del potenziale impatto dell'applicazione di un prezzo all'acqua irrigua sono basate sul principio che il costo limiti i volumi irrigui distribuiti, ma evidentemente non considerano la possibilità che il costo stesso possa essere influenzato da una competizione tra gli usi e da altri fattori esogeni, che spesso si associano ai momenti di scarsità idrica, capaci di ridurre od azzerare il margine economico non dell'intervento irriguo ma bensì dell'intera annata di coltivazione. Parimenti, mancano valutazioni degli impatti a medio lungo termine quali abbandono progressivo della pratica irrigua e con essa delle infrastrutture idrauliche di ordine minore che innervano e vivificano il territorio, sino all'abbandono del territorio ove questo non sia atto a sostenere naturalmente produzioni estensive in asciutta economicamente valide.

Non trovano purtroppo efficace riscontro negli indirizzi politici correnti le molte voci che da tempo indicano la tariffazione dell'acqua irrigua come un elemento sostanzialmente debole, ed in molti casi rischioso, della gestione della domanda. Una ampia letteratura indica che le politiche di prezzo sono solo un elemento minore[6] nel controllo degli utilizzi.
Nel frattempo, il cambiamento climatico ha colpito in maniera disastrosa il pianeta con effetti sociali economici e ambientali diffusi su tutti i settori mettendo in pericolo, in particolare, gli ecosistemi e le risorse naturali.
In quanto uno dei maggiori utilizzatori della risorsa idrica, il settore agroalimentare risulta essere tra le principali cause di sfruttamento della risorsa idrica, e allo stesso tempo, in particolare negli areali semi aridi quali quelli del mediterraneo, anche quello tra i più minacciati e vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici.
A seguito dello shock indotto dal rallentamento del commercio agroalimentare mondiale a causa del COVID 19 e della guerra in Ucraina, e del conseguente infiammarsi dei prezzi dei beni alimentari e delle materie prime di origine agricola in risposta alla crescente scarsità di prodotto, anche le componenti della società maggiormente volte alla conservazione della natura considerano ora la scarsità idrica una grave minaccia per la sicurezza alimentare e per la tenuta dei sistemi produttivi e della società[7].
Non va disconosciuto il ruolo risolutivo del settore agricolo e agroalimentare nello sviluppo e nell'applicazione di strategie di adattamento e resilienza nel breve, medio e lungo periodo ed in parte anche nella mitigazione degli effetti provocati dai cambiamenti climatici.

Anche in questo senso va letta la più recente PAC, che, integrando obiettivi ambientali e sociali oltre che economici, supporta le azioni per il miglioramento della sostenibilità dell'agricoltura, limitandone le pressioni ambientali e, allo stesso tempo, potenziandone la capacità di offrire benefici ambientali. In particolare, la nuova PAC rafforza gli obiettivi ambientali, richiedendo impegni di maggiore portata, ad esempio con la condizionalità rafforzata e i regimi ecologici, e soprattutto attraverso l'integrazione delle politiche ambientali (DQA).
I piani e programmi per l'attuazione delle due politiche devono dunque essere coerenti già a partire dagli obiettivi; per questo motivo l'accesso al finanziamento per azioni legate alla gestione della risorsa idrica è vincolato al rispetto di condizioni che assicurano il raggiungimento degli obiettivi della DQA tenendo conto delle esigenze definite a livello di Distretto Idrografico. Le azioni supportate devono quindi garantire il mantenimento e/o il raggiungimento del buono stato dei corpi idrici, sia sotto il profilo della quantità, riducendo i prelievi di acqua dolce, sia sotto il profilo della qualità, limitando le pressioni dovute all'uso di input inquinanti.
Azioni indiscutibilmente positive, effettuate come già sottolineato con una copertura finanziaria garantita dal settore agricolo che a questi fini ha concordato di cedere parte della quota di bilancio Europeo ad esso destinato.
Per garantire una corretta applicazione dei dettami Europei è necessario ricordare che le peculiarità che caratterizzano l'uso dell'acqua nel settore agricolo in Italia non risultano adeguatamente considerate né a livello europeo né a livello nazionale. Ciò rischia di determinare notevoli criticità in sede di attuazione della disciplina comunitaria.

In Italia, i criteri per il recupero dei costi sono stati inseriti dal 2013 nella condizionalità della PAC, prevedendo a partire dal 2015 una progressiva internalizzazione dei costi ambientali e della risorsa per i diversi usi, tra cui quello agricolo.
L'Italia ha profuso sforzi significativi per promuovere la quantificazione dei volumi idrici, data l'importanza della misura per poter proporre sistemi tariffari di tipo volumetrico. Nel 2015, l'allora MIPAAF ha emanato delle linee guida per l'obbligo della quantificazione dei volumi idrici prelevati a monte, utilizzati per la fase del trasporto dell'acqua irrigua e restituiti alla circolazione. A seguire le regioni hanno emanato specifici regolamenti che recepiscono queste linee guida; quindi, si è avviato il processo di diffusione dei misuratori e lo sviluppo di metodo di stima quando la misura non sia possibile.
I dati raccolti, in gran parte con il contributo attivo dei Consorzi di Bonifica, sta consentendo il popolamento della banca dati Sigrian, il geodatabase nazionale di riferimento per la raccolta ed elaborazione delle informazioni relative all'uso irriguo dell'acqua.
Molto più complesso, e certamente eccessivamente oneroso, sarebbe raccogliere informazioni puntuali per ogni utilizzatore. Una misurazione volumetrica, anche solo a livello di utenza aziendale, di tipo acquedottistico, richiederebbe uno sforzo economico ed organizzativo molto importante.

Questo comporta che spesso anche le tariffe definite come volumetriche, sono in realtà basate sulla simulazione modellistica dei consumi attesi o su base statistica per coltura, difficilmente sulla lettura del consumo individuale da un contatore. E comunque, è dimostrato che per implementare una misurazione capillare del consumo è indispensabile che sia in essere una infrastruttura di gestione pubblica o privata, ma sempre collettiva, che organizzi, gestisca e mantenga la rete dei misuratori, gestendo anche l'organizzazione e la trasmissione dei dati raccolti.
Ma quantificare non basta. I sistemi tariffari devono anche tenere in considerazione le varie componenti di costo dell'acqua, finanziarie ed ambientali. I costi finanziari vanno divisi in costi di gestione e costi di investimento.
Per il settore irriguo, il costo del capitale fisso relativo agli investimenti irrigui (ammortamento e interessi sui capitali investiti) è a carico dello Stato, in quanto il ruolo fondamentale dell'irrigazione allo sviluppo del settore agricolo è considerato espressione di interesse pubblico primario e gli impianti irrigui sono demaniali, cioè di proprietà dello Stato medesimo, e sono, data la vetustà, in gran parte già ammortizzati. Esso comprende anche i costi per la manutenzione straordinaria che, trattandosi di beni demaniali, resta in capo allo Stato. Le manutenzioni ordinarie, invece, rientrano nei costi di gestione, posti a carico dei proprietari consorziati nei Consorzi di Bonifica, mediante i contributi irrigui.
Il costo di investimento non può quindi ricadere, nemmeno in minima percentuale, sul settore agricolo, pena la duplicazione del pagamento attraverso la tassazione generale e la tariffa imposta.

Per quanto concerne "il costo operativo", in Italia è parte integrante del canone concessorio posto a carico degli enti concessionari, i quali, a loro volta, lo ricomprendono nel canone che pagano gli agricoltori che irrigano.
I contributi irrigui imposti dai Consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario ai consorziati a fronte del servizio reso, tengono quindi conto dei costi di gestione costituiti dai costi delle concessioni, dai costi operativi dell'irrigazione (esercizio e manutenzione delle opere) e dai costi di funzionamento degli enti.
La contribuenza si basa sulla ripartizione della spesa tra gli utenti, in proporzione ai benefici potenziali o effettivi conseguibili con l'irrigazione.
Il recupero dei costi finanziari è quindi garantito attraverso la gestione dell'irrigazione svolta dai consorzi, ed è rispettato il principio della copertura integrale del costo operativo che fa carico alle imprese agricole.
Diversa è la situazione riguardo ai costi ambientali della risorsa, dove le esperienze sono invece ancora piuttosto scarse, almeno dal punto di vista dell'applicazione pratica.
Nel 2015, il Ministero dell'Ambiente ha emanato delle linee guida in cui sono fornite le definizioni delle componenti di costo, in particolare del costo ambientale, definito come il costo per l'attuazione di misure che servono a mitigare le pressioni generate sull'ambiente. Le linee guida indicano anche strumenti per la copertura di questi costi, tra cui canoni e tariffe. Sulla base delle linee guida è stato redatto il Manuale Operativo per l'implementazione dell'analisi economica ai sensi della DQA da implementare nell'ambito dei Piani di gestione di distretto idrografico.

Nel Manuale sono indicati gli elementi necessari per condurre l'analisi e prevede, tra le altre fasi, la descrizione socio-economica del comparto agricolo, la quantificazione delle pressioni sui corpi idrici (sia in quantità sia in qualità) e la programmazione di misure per la copertura del costo. Tutto ciò è finalizzato a condurre analisi e valutazioni dei dati fisici che portino a risultati espressi in termini monetari e che possano essere inclusi nei sistemi tariffari.
In questa direzione si muove il progetto PON OR4 - Azione 4.3, il cui approccio socio-economico fornisce una caratterizzazione economica dell'azienda sperimentale, oggetto di indagine, e delle tipologie aziendali nell'area di riferimento finalizzato ad una stima dell'incidenza del contributo irriguo proposto sul bilancio aziendale, guardando dunque anche alla sostenibilità economica.
L'obiettivo ultimo è quello di adottare sistemi tariffari basati sui volumi impiegati (tariffa volumetrica) e di stabilire un importo che garantisca il principio del recupero del costo, compreso quello ambientale. Da ciò deriva l'importanza di quantificare i volumi irrigui, stabilire eventuali impatti dovuti all'introduzione della tariffa volumetrica e condurre analisi per l'individuazione del valore più appropriato che includa costi e benefici ambientali.
A questo riguardo si richiama l'attenzione sul fatto che gli obiettivi di natura ambientale sono rispettati anche grazie alle azioni svolte dagli stessi Consorzi di Bonifica, con risorse poste a carico della contribuenza irrigua. Essi, infatti, garantiscono il deflusso ecologico, la realizzazione di passaggi artificiali per la fauna ittica e il ripopolamento della stessa, creano aree umide e zone di fitodepurazione, si fanno carico di operare secondo criteri di ingegneria verde e applicando soluzioni basate sulla natura.

Tali obiettivi di natura ambientale, se caricati come componente di una tariffa, costituirebbero ancora una volta una doppia imposizione. Specie per gli imprenditori agricoli che stanno ora investendo in pratiche irrigue sostenibili e che verrebbero ingiustamente colpiti da una tariffazione che incorpora il danno prodotto da competitori che non impegnano parte delle loro entrare per ridurre la pressione ambientale della loro attività.
Pertanto, si ritiene che i canoni concessori attualmente previsti ed il contributo irriguo pagato, già rispondono al principio dell'adeguato recupero dei costi, come definito dalla DQA, pur senza prevedere una tariffa totalmente conforme ai criteri di contabilità della risorsa richiesti.

In caso di inquinamento diffuso di origine agricola o di sovrasfruttamento, ove sia identificabile con certezza l'origine e sia riconducibile ad uno o più soggetti giuridici responsabili singolarmente od in solido del danno ambientale, secondo le più recenti interpretazioni del principio di chi inquina paga, diviene possibile definire un ragionevole costo di prevenzione o di ristoro.
Nell'ambito del progetto, il CREA-PB ha effettuato un'analisi di mercato della Regione Sardegna, da cui si ricava la bilancia agroalimentare relativa alla regione Sardegna e il dettaglio dei valori economici di import/export relativi alle attività economiche del comparto agroalimentare sardo.
Analizzando il comparto agricolo della regione è stato possibile identificare le principali filiere agroalimentari sarde.
La quasi totalità delle filiere analizzate sono condotte in regime irriguo e la variazione del costo della risorsa idrica, nonché i relativi consumi, impattano con un peso non indifferente sul contesto di riferimento, sia da un punto di vista economico che ambientale.
Il progetto valuterà l'impatto dell'introduzione di una tariffa volumetrica, in sostituzione di quella "per ettaro/coltura" composta da due quote fisse (la sommatoria delle spese di manutenzione della rete irrigua e delle spese istituzionali). L'importo è fissato considerando i metricubi stimati dal consorzio sulla base di indici di consumo colturali per ettaro.
Con la misurazione dei volumi effettivi e dei volumi ottimali, tramite il modello Flows-Hages, è stato possibile verificare un sovra utilizzo della risorsa idrica e delle concimazioni azotate di matrice organica.
Le prime simulazioni indicano come, applicando correttamente irrigazione e fertilizzazione, sarebbe possibile una diminuzione del costo calcolato per m3, rispetto a quello stimato a partire dalla tariffa per ettaro coltura. Le simulazioni sono state effettuate per il mais e l'analisi proseguirà su altre colture.
Le prossime tappe nell'attività di indagine sperimentale riguardano:

- Analisi impatto economico tariffe sperimentali

- Estensione delle rilevazioni a scala consortile tramite modello di simulazione

- Quantificazione dei costi e benefici ambientali legati alla pratica irrigua nel sito sperimentale tramite reti di monitoraggio

- Analisi dei potenziali effetti dell'inclusione dei costi e benefici ambientali sul canone di concessione e sul contributo irriguo

Il quadro generale alla base di una proposta di tariffa volumetrica dovrà tenere presente le caratteristiche dell'irrigazione realizzata dal sistema di bonifica, peculiari del nostro Paese:

 

- l'acqua utilizzata in agricoltura non fuoriesce dal ciclo idrologico naturale (si considerino, ad esempio, i fenomeni di evapotraspirazione e percolazione);

- la risorsa trova spesso utilizzi multipli, oltre a quelli irrigui, incluso quelli ecosistemici;

- i canali di bonifica svolgono anche una funzione di scolo delle acque meteoriche e l'accumulo eccessivo di acqua oltre determinati livelli, oltre a causare esondazioni, procurando gravi danni all'agricoltura e più in generale alla collettività, danneggia anche gli ecosistemi ripariali;

- i sistemi irrigui favoriscono la percolazione e la ricarica delle falde, nonché il mantenimento dell'esteso fenomeno delle risorgive, particolarmente nella Pianura Padana;

- i canali di bonifica, estesi in modo capillare sul territorio, contribuiscono al mantenimento della biodiversità, il cui valore non è attualmente ricompreso nella valutazione dell'impatto ambientale, artificiosamente confinata al solo sistema primario costituito dal corso idrico naturale, e non estesa alle sue interconnessioni;

- ove si operi il riutilizzo a fini irrigui delle acque reflue depurate, l'ulteriore affinamento delle acque nelle fasi di trasporto o ad opera di barriere addizionali contribuisce ad un miglioramento generale della qualità delle acque superficiali.

L'esperienza condotta nell'ambito del progetto Water4Food aiuterà certamente a definire l'importanza e la ricaduta in termini di minori costi ambientali dell'utilizzo di sistemi di supporto decisionale e di tecniche o tecnologie atte a ridurre l'inquinamento da nitrati. Azioni che proattivamente i Consorzi di Bonifica stanno promuovendo da tempo.
Nonostante un recente studio condotto in Pianura Padana[8] mostri che la tariffazione volumetrica dell'acqua induce un notevole risparmio di acqua per l'irrigazione nell'area di studio, l'applicazione tout court di tariffe volumetriche resta difficoltosa e desta preoccupazione.

Lo studio citato, in ultima analisi, dimostra l'efficienza di un segnale più che di un vero meccanismo di correzione economica, infatti l'aumento dell'efficienza nell'uso dell'acqua si innesca anche con un prezzo dell'acqua inferiore a 0,05 € al m3, decisamente marginale. In accordo con altri studi, si dimostra che il recupero dei costi è possibile con una tariffa, od un canone, duale in cui solo la parte eccedente il fabbisogno sia computata su base volumetrica.
Da una vasta analisi[9] è emerso che i prezzi sono efficaci per regolare l'uso al margine, oltre una quota concordata e per quanto possibile garantita, piuttosto che per razionare l'acqua scarsa. Questo è certamente un ruolo importante, specialmente se i prelievi ingiustificati extra quota vengono caricati del costo ambientale.
Ad oggi, le quote sono risultate costantemente preferite alla regolamentazione puramente economica per gestire la scarsità perché sono più eque, più trasparenti e più efficienti nel mettere la domanda in linea con l'offerta, con una perdita di reddito complessiva limitata rispetto alla regolamentazione basata sui prezzi.
Inoltre, la disponibilità di quote permette una organizzazione aziendale o di distretto irriguo che comprenda, come già accade ad esempio nella Confederacion Hidrografica del Rio Segura (Spagna), la possibilità di uno scambio o di una cessione delle quote tra agricoltori, tra bacini o tra distretti irrigui interconnessi.

Va immaginato un meccanismo che ponga al riparo da quanto già accade negli Stati Uniti dal 2020, dove l'acqua si è recentemente unita all'oro, al petrolio e ad altre materie prime che possono essere scambiate a Wall Street, suscitando timori che il mercato possa esacerbare ulteriormente gli effetti della scarsità d'acqua e aumentare la concorrenza. Trattare l'acqua come una merce, e l'attribuzione di un valore monetario è indiscutibilmente il primo passo in questa direzione, e lasciare questo diritto umano fondamentale esposto agli investitori e alle istituzioni finanziarie comporterebbe dei rischi.
La monetizzazione dell'acqua invita al commercio ed alla generazione di profitti aziendali per le società private; qualcosa che è incompatibile con la protezione dell'ambiente e con la garanzia dell'accesso universale ad una sufficiente alimentazione di buona qualità per tutti i cittadini italiani ed europei.
In sintesi, è giunto il momento di rivalutare, anche attraverso i risultati del progetto Water4AgriFood, le speranze riposte nei meccanismi di prezzo per ridurre i prelievi idrici, concentrandosi sui meccanismi economici che incentivano l'applicazione a scala industriale di tecniche e tecnologie che portino all'uso sostenibile della risorsa e la sua tutela qualitativa.


[1] Molle, F. and Berkoff, J. (2007) Water Pricing in Irrigation: The Lifetime of an Idea. In: Molle, F. and Berkoff, J., Eds., Irrigation Water Pricing: The Gap between Theory and Practice, CABI, Wallingford, 1-20.

[2] Postel, S. (1992) Last Oasis: Facing Water Scarcity. W.W. Norton, New York.

[3] Winpenny, J. (1994) Managing Water as an Economic Resource. Development Policies Studies. Routledge and Overseas Development Institute, London.

[4] Directive 2000/60/EC of the European Parliament and of the Council of 23 October 2000 establishing a framework for Community action in the field of water policy. OJ L 327, 22.12.2000, p. 1–73

[5] WWF (2002) Pricing as a Tool to Reduce Water Demand. WWF-Spain/ADENA's 'Alcobendas: water city for the 21st century' – a demonstration project. Available at: https://wwfint.awsassets.panda.org/downloads/pricing2.pdf

[6] Tra tutti si citano a questo riguardo il Water Report n.28 della FAO (G. Cornish, B. Bosworth, C. Perry. WR.28 - Water charging in irrigated agriculture. Food And Agriculture Organization of The United Nations, Rome, 2004) e l'approfondita analisi "Irrigation Water Pricing: The Gap between Theory and Practice" (Molle, F. and Berkoff, J., Eds., CABI, Wallingford, 2007)

[7] Ad esempio: Understanding the Importance of Water Conservation. Earth.Org. https://earth.org/understanding-the-importance-of-water-conservation/

[8] Andrea Pronti, Julio Berbel, 2023. The impact of volumetric water tariffs in irrigated agriculture in Northern Italy. Environmental Impact Assessment Review 98 (2023). https://doi.org/10.1016/j.eiar.2022.106922

[9] Irrigation Water Pricing: The Gap between Theory and Practice. Molle, F. and Berkoff, J., Eds., CABI, Wallingford, 2007

Modificato in data 07/08/2023 19:51

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