"Si può fare, ma quanta fatica! Pur essendo un'opera di indubbio significato e del cui avvio ringraziamo, l'immissione delle acque reflue dal depuratore di Sassari a servizio dell'agricoltura del NordOvest della Sardegna, colpito da grave siccità, è paradigmatica delle tante problematiche, che gravano sulla gestione delle risorse idriche": a dirlo è il Presidente dell'Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI), Francesco Vincenzi, cui fa eco Gavino Zirattu, Presidente del Consorzio di bonifica della Nurra e di ANBI Sardegna: "Un'opera strategica, che può dare una mano importante al comparto agricolo locale; se la sua attivazione fosse però stata tempestiva e puntuale, oggi non ci troveremmo in una situazione d'emergenza."
Costruita a partire dal 2006 con un investimento di quasi 13 milioni di euro finanziati dall'allora Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, la condotta collega il depuratore di Caniga al canale adduttore del Consorzio di bonifica della Nurra e nasceva con un obbiettivo ambizioso: portare annualmente fino a 18 milioni di metri cubi di acque reflue depurate nel bacino del Cuga, miscelandole con le acque piovane per l'irrigazione agricola.
Nonostante il collaudo tecnico fosse già avvenuto nel 2013, l'infrastruttura è rimasta inoperativa per oltre un decennio, a causa del mancato rilascio delle necessarie autorizzazioni per l'utilizzo agricolo dei reflui. Solo ora, in piena emergenza idrica e con le aziende agricole della Nurra in crisi idrica, è arrivato il via libera.
Tuttavia, l'autorizzazione attuale è riduttiva rispetto al progetto originario: non sarà infatti possibile convogliare le acque reflue nel bacino del Cuga, ma solo immetterle direttamente nelle condotte consortili durante i mesi irrigui; nei restanti periodi dell'anno, l'acqua depurata continuerà ad andare inutilizzata verso il mare, riducendo fortemente il potenziale del sistema composto da quasi 20 chilometri di tubazioni ed una stazione di sollevamento da 500 litri al secondo.
"La vicenda sarda è esemplare dei cronici ritardi nel nostro Paese. Sull'utilizzo delle acque reflue in agricoltura è in atto un serrato confronto a livello nazionale, accompagnato da alcune sperimentazioni con primarie aziende del ciclo idrico integrato. Al centro c'è uno dei maggiori patrimoni idrici del Paese: quasi 9 miliardi di metri cubi all'anno, di cui però solo la metà è realisticamente utilizzabile in tempi celeri a causa della frammentazione operativa del settore della depurazione, che impedisce una qualità omogenea sul territorio nazionale: in gioco ci sono la salubrità del cibo e la qualità del made in Italy agroalimentare, la cui filiera estesa vale 707 miliardi di euro ed è, insieme al turismo, un asset irrinunciabile del Prodotto Interno Lordo italiano " conclude Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.