Nelle aree più depresse della gronda lagunare di Venezia, dove il terreno giace sotto il livello del mare fino a 4 metri, è in corso una sperimentazione all'interno del progetto internazionale VENUS (operazione finanziata con oltre 4 milioni di euro dal programma PRIMA di Horizon 2020) per comprendere e contrastare gli effetti del cambiamento climatico e della crescente salinizzazione dei suoli.
La regione mediterranea, infatti, è un epicentro di pressioni ambientali: Il riscaldamento globale, l'aumento demografico, l'estremizzazione degli eventi meteo stanno erodendo la disponibilità d'acqua dolce e la produttività dei terreni agricoli. Di fronte a queste sfide, il progetto VENUS nasce con l'obbiettivo di dimostrare il potenziale ambientale ed economico di specie vegetali "dimenticate" o sottoutilizzate (NUS): si tratta di piante resilienti che, richiedendo poca acqua, possono adattarsi a suoli aridi e salini, trasformando terreni marginali in aree produttive, migliorando la qualità del suolo.
In due aree sperimentali nel comprensorio del Consorzio di bonifica Adige Euganeo, nei pressi degli impianti Gesia a Cavarzere (4.000 metri quadrati) e Zennare a Chioggia (8.000 metri quadrati), sono state trapiantate alcune varietà, i cui parametri sono confrontabili con quelli di altre zone coinvolte a livello internazionale: la Salicornia, l'Atriplex, la Beta Marittima, la Salsola oppositifolia e la Suaeda Maritima. In alcuni casi, queste piante sono state abbinate a coltivazioni di pomodoro, per verificare l'esito colturale in terreni limosi e salsi, tipici della gronda lagunare; i primi risultati sono incoraggianti: tutte le specie stanno trovando un ambiente favorevole, dimostrando la loro intrinseca resilienza.
"Ci sono grosse aspettative soprattutto per capire quanto queste piante possano aiutare concretamente la desalinizzazione dei suoli" annuncia Francesco Vincenzi, Presidente dell'Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI)
Tra qualche mese, le prime analisi, che saranno condotte da un laboratorio greco, determineranno il valore e la quantità dei principi attivi, contenuti nelle coltivazioni: è un aspetto importante, poiché si tratta principalmente di piante con un elevato potenziale per l'industria farmaceutica.
Il progetto VENUS, che coinvolge 12 partner da 8 Paesi mediterranei (Italia, Grecia, Spagna, Egitto, Giordania, Marocco, Algeria, Tunisia), non si limita alla sperimentazione agronomica; il suo orizzonte è molto più ampio: si mira a costruire una filiera completa ed un mercato, che possa rendere remunerativa la produzione di queste colture.
Lorenzo Frison, ingegnere del Consorzio di bonifica Adige Euganeo e responsabile del progetto, non nasconde l'ambizione: "La speranza è quella di offrire una nuova possibilità di coltura a quelle aree che, purtroppo, lottano ogni giorno con la salinizzazione dei suoli."
Per questo, il progetto prevede un confronto costante e capillare con i partner internazionali ed il coinvolgimento diretto degli operatori agricoli nei territori interessati. La collaborazione con gli altri Paesi, infatti, è fondamentale per integrare conoscenze tradizionali e tecniche moderne, sviluppando soluzioni adattabili alle specifiche condizioni dell'area mediterranea.
Il prossimo appuntamento internazionale sarà il 10 e 11 Settembre, quando si terrà un incontro sull'isola greca di Chios per valutare l'iter delle sperimentazioni. Intanto, per gli agricoltori e la cittadinanza del territorio, il Consorzio di bonifica Adige Euganeo sta organizzando un "open day" presumibilmente nel mese di novembre.
"Sarà un'ulteriore occasione per far conoscere l'innovazione che, partendo dalla ricerca sperimentale dei Consorzi di bonifica ed irrigazione, si proietta a livello internazionale per affrontare le sfide più urgenti del nostro tempo, perché la risalita del cuneo salino è uno dei fenomeni più preoccupanti per gli ecosistemi e gli equilibri dei territori costieri" evidenzia Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.
Anche il Consorzio di bonifica 6 Toscana Sud, ad esempio, monitora costantemente la salinità in alcune aree significative ed a rischio del suo comprensorio, in provincia di Grosseto.
Il risultato più importante è arrivato sul fiume Ombrone, ad Alberese, nel futuro punto di presa di un nuovo impianto irriguo: qui la salinità è praticamente nulla. Ad Orbetello, nel bacino dell'idrovora di Talamone, si registra invece una modesta salinizzazione delle acque superficiali. Infine, a Capalbio, nei bacini delle idrovore, alcuni recenti interventi idraulici hanno permesso di migliorare la situazione, ma permane una presenza salina, piuttosto importante.
"La salinità è un parametro chiave per l'irrigazione, ma non solo - conclude il Presidente dell'ente consorziale, Federico Vanni – Lo dimostra il progetto di recupero dell'area umida Diaccia Botrona per contrastarne la salinizzazione, tutelando un meraviglioso scrigno di biodiversità."