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IL MALTEMPO A NORDOVEST: 300 MILIONI DI DANNI

Pubblicato il 09/10/2020

Centinaia di pecore e capre travolte dalla furia delle acque e affogate, raccolti di castagne distrutti, serre divelte, verdure ed ortaggi sepolti dal fango, alveari devastati dalla tempesta, mucche bloccate in alpeggio, frutteti e coltivazioni distrutti, cascine isolate, campi di riso in raccolta allagati, frane nei terreni, strade rurali interrotte e ponti impraticabili: è quanto emerge dal bilancio tracciato da Coldiretti sugli effetti dell'ondata di maltempo che, una settimana fa, ha colpito duramente le campagne del Nord Italia in Val d'Aosta, Liguria, Piemonte e Lombardia, facendo esondare fiumi con frane e smottamenti diffusi, che hanno causato oltre 300 milioni di danni all'agricoltura ed all'allevamento (strutture, macchinari, produzioni ed animali).

In Piemonte, nella Valle Andasca, un intero gregge con centinaia di pecore e capre è stato travolto ed ucciso dalla furia delle acque e del fango del torrente Toce; si sono salvati i pastori, alcuni cani e un'asina. In Valle d'Aosta, nella zona di Arnad, è distrutto il 70% del raccolto di castagne mentre, scendendo verso il Piemonte in direzione di Pont Saint Martin, la tempesta ha devastato campi, serre di verdure ed ortaggi, strappato e affogato alveari e fatto strage di polli a Hone.

In Liguria, nella provincia di Imperia , è stata persa quasi 1 oliva su 3 pronta alla raccolta. L'esondazione del Roja ha distrutto canali per l'irrigazione, ponti e i tradizionali muretti a secco liguri; in Val Nervia devastate le coltivazioni del Fagiolo di Pigna e della lavanda. In Valle Argentina è stata colpita soprattutto l'area di Badalucco; in Valle Arroscia ci sono pascoli distrutti, strade interrotte e ponti inagibili. In provincia di Savona si registrano danni pesanti all'olivicoltura, mentre in Val Bormida ci sono diverse frane e alberi abbattuti. Nella Piana di Albenga, diverse le aree, che sono state invase dall'acqua e numerosi i tunnel danneggiati dal vento. Nel Levante, l'esondazione del fiume Vara ha allagato aziende dell'Alta Val di Vara, mentre nel Tigullio la bufera ha scoperchiato i tunnel di diverse aziende e colpito gli uliveti.

Grave è la situazione del riso nel "triangolo d'oro" tra Vercelli, Novara e Pavia; in Lombardia si coltiva l'80% del riso italiano ed intere aziende agricole sono state allagate proprio alla vigilia del raccolto con la perdita di un intero anno di lavoro. Il maltempo ha dunque colpito in un momento importante per l'Italia, che si conferma primo produttore europeo di riso, con 228.000 ettari coltivati quest'anno e 4.000 aziende agricole, che raccolgono 1,50 milioni di tonnellate di risone all'anno, pari a circa il 50% dell'intera produzione comunitaria e con una gamma varietale, unica e fra le migliori del mondo.

La perturbazione si è abbattuta sulle regioni più fragili della Penisola con Piemonte e Liguria, che hanno ben il 100% dei comuni con parte del territorio a rischio idrogeologico secondo i dati Ispra, che evidenzia la percentuale di rischio più alta a livello nazionale, dove sono 7.275 i comuni complessivamente a rischio, il 91,3% del totale.

Sale dunque il conto dei danni di un inizio autunno 2020, segnato da tempeste praticamente raddoppiate (+92%) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno con ben 127 eventi estremi tra nubifragi, grandinate, vento forte, tornado, bombe d'acqua, secondo i dati dell'European Severe Weather Database (Eswd) dal 21 settembre fino ad ora.

"Siamo di fronte", conclude Coldiretti, "alle conseguenze dei cambiamenti climatici, che si manifestano con grandine di maggiori dimensioni, una più elevata frequenza di manifestazioni violente, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense, che si abbattono su un territorio fragile. A questa situazione non è certamente estraneo il fatto che il territorio è stato reso più fragile dalla cementificazione e dall'abbandono, che negli ultimi 25 anni ha fatto sparire il 28% della terra coltivata con la superficie agricola utilizzabile in Italia, ridotta ad appena 12,8 milioni di ettari. "Per questo", conclude Coldiretti, "l'Italia deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo dell'attività nelle campagne."

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