"Ultimamente si leggono notizie particolarmente fuorvianti per gli agricoltori, relative al ricorso alla rabdomanzia per la ricerca di pozzi d'acqua, che possano ovviare al problema della siccità, ma non c'è pratica peggiore che si possa adottare: pur ammesso che si trovi l'acqua, una consulenza di questo tipo non fornisce alcuna indicazione utile alla gestione del territorio, anzi è solo dannosa."
Sono queste le considerazioni del presidente dell'Ordine dei Geologi del Veneto, Giorgio Giacchetti.
"Tanto per spiegarsi, ipotizziamo che il rabdomante prescriva un buco di 50 metri ed ammettiamo pure che trovi l'acqua: orbene, il rabdomante, una sorta di sciamano, non saprà mai quanta acqua è prelevabile, né in quale falda essa venga prelevata. Così facendo, il Genio Civile non avrà alcuna possibilità di esercitare i dovuti controlli e di tutelare le falde, magari protette, indicando sulla base dei rilievi di un tecnico competente le modalità di un corretto utilizzo, fondamentali ai fini della tutela di questa preziosa risorsa."
"Nell'attuale situazione di carenza idrica, date la farraginosa e superata normativa in materia e la 'tecnologica sciamanica', l'agricoltore sarà incentivato a perforare pozzi abusivi oppure a dichiarare prelievi irrisori, tali da consentirgli di eludere i controlli di legge – continua il presidente dei geologi veneti – Tutto questo, però, rischia di trasformarsi in un serio problema ambientale, che va assolutamente evitato. L'acqua è una risorsa sempre più preziosa, a maggior ragione in contesti come quello di grave crisi idrica, che sta vivendo la nostra regione" conclude Giacchetti.