Alla diga del Molato, in Alta Val Tidone, prosegue la procedura di collaudo dell'opera e continuano le visite sia da parte delle istituzioni piacentine, regionali e ministeriali, sia da parte dei cittadini.
Nei giorni scorsi ha visitato la diga anche il Vescovo della Diocesi di Piacenza – Bobbio, Adriano Cevolotto, accompagnato dal Direttore dell'Ufficio Beni Culturali della Diocesi, Manuel Ferrari e dal Responsabile dell'Ufficio Tecnico della Curia, Carlo Baldini.
Ad accoglierli c'era il Presidente del Consorzio di bonifica di Piacenza, Luigi Bisi, insieme al Vicepresidente, Stefano Riva, agli amministratori, Giampiero Silva e Filippo Gasparini, al direttore generale, Pierangelo Carbone, al direttore d'area amministrativa, Carlo Marchetta, ai tecnici ed ai guardiani della diga.
La visita ha riguardato l'intera opera: dal coronamento agli scarichi di mezzo fondo, ausiliario e di superficie fino alle voltine.
La procedura di collaudo, iniziata lunedì 18 marzo, prevede il completo riempimento dell'invaso della diga del Molato, passando dalla attuale quota idrica autorizzata di 353,70 metri sul livello del mare (pari ad un volume di circa 7.600.000 metri cubi d'acqua) a m. 354,40 metri s.l.m. (pari a circa 8,06 milioni di metri cubi).
Il motivo, per cui la diga necessita di un secondo collaudo, dopo quello effettuato quasi cento anni fa, cioè dopo la sua entrata in funzione, è la certificazione dell'opera a seguito di importanti manutenzioni straordinarie effettuate negli ultimi decenni. Questo non deve trarre in inganno perché, dalla fine degli anni '20 ad oggi, i controlli dell'opera sono stati costanti per mantenere la diga sicura ed efficiente: alcuni sono giornalieri, altri mensili, altri semestrali; a questi ultimi seguono anche visite da parte dei tecnici del Ministero delle Infrastrutture, così come costanti sono anche le manutenzioni ordinarie dell'opera.
La diga del Molato è un elemento fondamentale per la conservazione e la distribuzione della risorsa idrica per il settore agricolo ed agroalimentare, che è il primo beneficiario dell'acqua immagazzinata ogni anno dall'autunno alla primavera per essere utilizzata in estate a fini irrigui. E' poi un'opera importante per la produzione di energia idroelettrica e, in generale, per lo sviluppo delle condizioni socio-economiche dell'ambito territoriale e per la valorizzazione turistica dell'intera vallata.
La diga del Molato è un buon esempio di riscatto per il territorio di valle, cui è consentita un'agricoltura fiorente che, senza l'apporto dello sbarramento, non sarebbe stata possibile.
La diga del Molato ha un'architettura a volte sostenute da contrafforti (n. 17 voltine ad interasse di 10 metri, inclinate di 45 gradi verso monte) con due parti laterali a gravità massiccia in calcestruzzo. Fortemente distintiva la facciata verso valle, caratterizzata da una sequenza di immensi vuoti, interrotti da archi in successione e che la fa risultare altamente monumentale, ma mai eccessiva. La diga si inserisce nel contesto vallivo con grande armonia e naturalezza, quasi fosse un'appendice spontanea delle cime appenniniche, che la ospitano. La diga del Molato, interamente in calcestruzzo armato, è alta 55 metri rispetto al piano di fondazione, lunga 180 metri sul fronte ed il coronamento superiore misura 322 metri, comprendendo le strutture laterali, che risvoltano dal fronte verso i fianchi. Il bacino è lungo due chilometri e mezzo e per un tratto penetra nel territorio di Zavattarello, in provincia di Pavia. Gli organi di scarico della diga del Molato sono: uno scarico di superficie in corpo diga (con tre soglie di sfioro libero), uno scarico di superficie ausiliario in sponda destra, uno scarico di mezzofondo anch'esso in sponda destra ed uno scarico di fondo (con due condotte in acciaio).
L'opera fu progettata dall'ing. Augusto Ballerio lungo il torrente Tidone ai piedi del monte Bissolo, circa 250 metri sopra la confluenza del rio Molato. L'ingegnere, direttore tecnico dei lavori fu Guido Comboni. I lavori incominciarono nel 1920 e nel 1923 subentrò ad imprese precedenti la ditta Filippa di Torino. I lavori terminarono nel 1928. Nell'occasione ci fu il primo collaudo.
La val Tidone si estende tra due gruppi di alture al confine tra le Regioni Lombardia ed Emilia Romagna, ma tuttavia, da un punto di vista formale e giurisdizionale, appartiene alla provincia di Piacenza. La vallata è caratterizzata dalla presenza di numerosi corsi d'acqua, tra cui spicca, per dimensioni ed estensione, il torrente Tidone, affluente destro del fiume Po. Già nei primi decenni del XX secolo si era resa manifesta l'idea di realizzare un sistema di raccolta e regolazione delle acque nella Val Tidone per migliorare l'irrigazione a scopi agricoli. L'iter progettuale e realizzativo della diga del Molato fu lungo e complesso: dal momento, in cui venne proposta, rimase un progetto astratto fino al 1912. Con l'avvento della prima guerra mondiale il progetto venne abbandonato per poi essere ripreso nel 1920, quando vennero emanate le prime leggi a favore dello sviluppo del settore delle costruzioni funzionali all'agricoltura, in quanto dedicate allo stivaggio ed alla regimazione delle acque. I lavori per la realizzazione della diga terminarono nel 1928, anno in cui l'opera venne collaudata, inaugurata e messa in funzione.