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IL RISO MANTOVANO "MINACCIATO" DAL MERCATO, TUTELATO DALL'ACQUA.

Pubblicato il 20/05/2016

Ore cruciali per la risicoltura mantovana che, in queste ore, sta vedendo le piantine attecchire sotto acqua: due i nemici (il cambiamento climatico e la sovrapproduzione) due gli alleati (gli agricoltori, nelle buone pratiche di coltivazione e il Consorzio di bonifica Territori del Mincio, nel fornire acqua a protezione delle piccole piantine), un settore che da solo conta 1300 ettari coltivati, distribuiti tra 60 aziende (e altrettante famiglie), che impiegano oltre duecento persone .

Alla produzione, nel 2015, è valso 3,5 milioni di euro, circa il doppio al consumo e, molto di più, nella tradizione locale. "È un dato che ogni mantovano – spiega con un velo d'orgoglio, Carlo Petrobelli, uno dei titolari dell'Azienda agricola Arduini Petrobelli di Roncoferraro – sa che per il nostro celebre risotto occorre una delle varietà da noi coltivate, come il Vialone nano il Carnaroli". Nella sua azienda, estesa per 400 ettari, destinati anche al sostentamento di 200 bovine per la produzione di Grana Padano, sono 80 gli ettari di riso, che si alternano in rotazione a soja, mais, medicai e frumento.

Tante le persone che si fermano per le strade del riso in questa fetta del mantovano, in sinistra Mincio, a scattare immagini tra nubi, cielo e specchi d'acqua, grandi anche sino a 20 ettari ognuno. Dove ieri si sentiva il canto delle mondine, oggi si ascolta quello degli uccelli acquatici e migratori: dalla garzetta alla pavoncella, dalla niccottera all'airone cinerino…

"Quello mantovano, assieme alle più estese realtà del Piemonte e delle altre province lombarde, è una straordinaria sinergia tra acqua, agricoltura, ambiente – commenta Massimo Gargano, direttore dell'Anbi, l'Associazione Nazionale Consorzi Gestione e Tutela Territorio ed Acque Irrigue -. L'esempio mantovano è di una Italia che, con 220.000 ettari coltivati a riso, produce grazie a tecniche nuove e che, oggi, chiede sia riconosciuto il valore di questo sistema, quale strumento di competitività nell'interesse del territorio."

"Assieme ai grandi formaggi Dop, al melone e alla frutta – osserva Elide Stancari, presidente del Consorzio di bonifica Territori del Mincio – possiamo dire che il riso è certamente emblema per Mantova".

"Ma le problematiche – osserva Andrea Zampolli, esperto di risicoltura – sono prima di tutto di mercato. Piccole oscillazioni d'offerta determinano grandi diminuzioni del prezzo agli agricoltori. Nel 2015 mediamente hanno ottenuto per le 6.600 tonnellate di risone prodotto solo 45-48 euro a quintale (il 30% in meno dell'anno precedente). Eppure è un mercato, che ha le sue potenzialità e sono attualmente quasi una decina le riserie mantovane, che brillano, impacchettano e vendono. Anche gli agricoltori stanno scoprendo la redditività nel gestire direttamente il mercato." Evidente, in questa strampalata primavera, la problematica del clima: "Prima c'era troppo secco per seminare – riprende Carlo Petrobelli – poi, a semina avvenuta, è arrivato un maggio con temperature molto basse e purtroppo le piantine non sono ancora uscite dall'acqua. Ecco, per noi il ruolo del Consorzio di Bonifica è vitale: ci dà l'acqua, quando serve, la toglie, quando sarebbe pericolosa; se non ci fosse occorrerebbe inventarlo. Da queste parti, senza la Bonifica non c'è terreno agricolo salvo, ma nemmeno case o fabbriche."

"Sono 10.000 gli ettari di terreno che hanno diritto a riso nel nostro comprensorio – osserva Oliviero Zucchini, ingegnere del Consorzio di bonifica Territori del Mincio -. Di questi, 3.300 sono quelli effettivamente investibili a risaia. Spazio, quindi, per questa coltivazione ancora ce ne è. Contrariamente a quanto si crede, consuma poca acqua: con un ingegnoso sistema "a cascata", che la rimanda nelle aziende più a valle e sino mare, distribuiamo solo 2 litri al secondo per ettaro nelle fasi, in cui la risaia è sommersa."

E mentre i risicoltori affrontano il mercato, da segnalare, non ultimo, la disponibilità di premi europei per mantenere l'acqua nei canali, appena viene svuotata la risaia, per salvarne la fauna e, spargere, la paglia sul terreno, d'inverno, per i nidificatori e la fauna terrestre. Una straordinaria associazione tra uomo e ambiente, che esplose quando la Serenissima Repubblica di Venezia, in conflitto con Verona, decise di affidare ai Gonzaga la produzione di riso per i propri mercati…

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